Oltre il confine

OLTRE IL CONFINE
Marcello Peghin/Giovanni Sanna Passino

 

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Potrebbe sembrare di trascorrere un tempo indefinito in un un’isola di bianchi e neri, dove tutto ciò che si ascolta pare essere un silenzio che sfuma con suoni che riverberano il recondito di chi passeggia su questi litorali di ricordi sbiaditi, sfilacciati; l’isola dei propri e degli altrui passati, e vi si fonde o perde.

Questa terra riluce degli effetti di un cielo dove ogni stella è una domanda o una risposta che si susseguono sino ad un orizzonte lontano, dove per la prima volta emerge, come un sole, un colore mai visto e caldo. Oltre il confine di noi, del nostro inconscio e del remoto di tutto il cosmo, laddove i nostri occhi si chiudono e s’imbarcano sulla chitarra di Marcello Peghin che voga di passione ad ogni nota, assaporando l’essenza di questo mare che sta oltre ogni oceano di musica che abbiate mai assaporato. V’è poi il profumo della tromba dell’Eolo Giovanni Sanna Passino, a soffiare un vento che si cerca nel sovrumano, per sospingervi sopra la chitarra di Peghin, verso quel colore caldo mai visto.

Oltre il confine dell’isola, si gode d’un viaggio che culla il vostro bimbo, il vostro uomo, la vostra femminilità e la vecchiaia a venire, con paesaggi di mare che v’entrano dentro le palpebre chiuse, per una magia di un disco che vi coglie oltre i sensi.

After the gold rusch; ecco il porto di quel colore mai visto: è quello di una pace interiore che vi sorprende tutt’uno col cosmo. E all’ultima nota vi svegliate di nuovo nel mondo di sempre, eppure dentro qualcosa è cambiato. Sono bastate una chitarra baritono e una tromba mature, a farvi regalo d’un frutto sino allora proibito, di qualcosa che ancora non s’era mai sentito, né fuori, né oltre il confine che separava il voi del mondo da quello dell’Io. Buon viaggio oltre…

Davide Casu

 

As Alessandro Baricco says in his preface to the "Trilogy of the Border" by Cormac McCarthy referring to his narrative style, which he compares to a music: "(...) His music is cold and overcooked (...) any narrator seeks his way between these two sides (... ) and that path is often a thin strip of land on which it is difficult to maintain the necessary balance (... ) Inventing a trajectory that brings these two banks closer, until they merge into one another, going beyond the border"

 



Recorded in May 2015 in Alghero, Sardinia
Mixed by Massimo Carboni
Musicians photo: Gabriele Doppiu
Cover photo: Antonio Sanna Randaccio
Graphics: Giorgio Peghin

Oltre il confine (2016)

 

Spingersi in mare aperto o nel deserto alla ricerca di nuove avventure è la lezione di Ulisse ma anche di un autore contemporaneo come Cormac McCarty. Il Cd “Oltre il confine” è anche un omaggio allo scrittore americano amato da chi non si accontenta del giù visto e già conosciuto. Un disco per chi non si ferma al primo autogrill ma per chi ha la mente fresca del viaggiatore non quella pigra e impiegatizia del turista.

E così, senza proporsi una meta precisa, si sono incontrati Giovanni Sanna Passino (tromba) e Marcello Peghin (chitarra baritono) . Solo per suonare insieme. Non c'era un percorso segnato o uno scopo da raggiungere. L'obbiettivo non era una meta, solo il viaggio e la scoperta di sonorità non predeterminate. Certo un viaggio rischioso e senza alcuna garanzia di riuscita. Qui non c'è alcuna regola di ingaggio, neppure un linguaggio scelto a tavolino: ciascuno dei due musicisti comincia a suonare. Vada come deve andare. I due attaccano il registratore e via. Prima la tromba, immediatamente dopo la chitarra. E nota dopo nota inizia un affascinante gioco di inseguimenti, scatti, improvvisi arresti, minuscole pause prima di riprendere il cammino. I suoni seguono un gioco mentale che si fa musica all'istante, in un labirinto improvvisativo che porta i due fuori da territori conosciuti e rassicuranti, “Oltre il confine”, appunto, come racconta il titolo dell'album.

Si registra in presa diretta. Non ci sono prove né ripensamenti, come se la musica sgorgasse da una sorgente sonora segreta. E non importa se alla mente ti vengono note già scritte da altri, come nel caso di “Don't let it bring you down” e “After the Gold rush” di un album storico di Neil Young del 1970. Ma mentre nel disco del cantautore canadese quei brani erano attraversati da un'inquietudine e un disagio esistenziali, qui le note scorrono serene come immagini di un sogno in cui la memoria racconta scene che appartengono a una dimensione lirica che non provoca più dolore. I brani (tutti composti da Sanna Passino e Peghin) si susseguono dolcemente con cambiamenti di atmosfera che diventano, via via, notturni e melanconici, romantici e solari. E nel caleidoscopio delle variazioni assapori i guizzi blues o mediterranei della chitarra che si coniugano o si infrangono nella lacerante poesia della tromba. Che bellezza brani come “Altre visioni” o “Silk” fino alla vertigine di “Black eyes” (scritto a suo tempo da Wayne Shorter e da molti conosciuto nella versione dolente di Chet Baker) di cui il duo ci regala una struggente versione di inarrivabile poesia. In tutto nove brani di un disco da ascoltare e riascoltare, senza mai stancarsi.  

Pasquale Porcu